Page 191 - Microsoft Word - Libertas.doc
P. 191
mafioso
e
della
finalità
di
agevolazione
mafiosa.
Avverso
l’ordinanza
del
16
febbraio
2012,
l’imputato
aveva
proposto
un
ricorso
per
cassazione,
che
era
stato
assegnato
alle
sezioni
unite
in
relazione
al
medesimo
tema
controverso
affrontato
dall’ordinanza
r.o.
n.
269
del
2012.
L’ordinanza
r.o.
n.
270
del
2012
conferma
il
principio
di
diritto
in
forza
del
quale
la
presunzione
ex
art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.
opera
non
solo
in
occasione
dell’adozione
del
provvedimento
genetico
della
misura
coercitiva,
ma
anche
nelle
vicende
successive
attinenti
alla
permanenza
delle
esigenze
cautelari.
Enunciato
tale
principio
la
Corte
rimettente
esamina
i
profili
di
non
manifesta
infondatezza
della
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.
in
relazione
ai
delitti
aggravati
dalla
circostanza
di
cui
all’art.
7
del
decreto-‐legge
n.
152
del
1991
e
prospetta
argomentazioni
analoghe
a
quelle
svolte
dall’ordinanza
r.o.
n.
269
del
2012:
la
presunzione
di
adeguatezza
della
misura
della
custodia
in
carcere
per
delitti
commessi
avvalendosi
delle
condizioni
previste
dall’art.
416-‐bis
cod.
pen.
ovvero
al
fine
di
agevolare
l’attività
delle
associazioni
previste
da
tale
articolo
comporterebbe
una
parificazione
tra
chi
a
dette
associazioni
abbia
aderito
e
chi,
invece,
senza
appartenere
ad
esse,
abbia
inteso
agevolare
le
attività
delle
associazioni
stesse
oppure
approfittare
delle
condizioni
di
assoggettamento
dalle
medesime
creato
per
portare
più
efficacemente
a
compimento
il
proprio
proposito
criminoso.
La
questione,
inoltre,
sarebbe
rilevante
in
quanto
l’appello
del
pubblico
ministero
era
stato
accolto
dal
tribunale
del
riesame,
con
il
provvedimento
oggetto
del
ricorso
per
cassazione,
sul
presupposto
della
presunzione
di
adeguatezza
della
sola
custodia
cautelare
in
carcere
per
i
reati
aggravati
a
norma
dell’art.
7
del
decreto-‐ legge
n.
152
del
1991.
Ciò
posto,
la
Corte
di
cassazione
dichiara
rilevante
e
non
manifestamente
infondata
la
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
cod.
proc.
pen.,
nei
termini
sopra
riportati.
La
norma
censurata
sarebbe
in
contrasto:
con
l’art.
3
Cost.,
per
l’ingiustificata
parificazione
dei
procedimenti
relativi
ai
delitti
aggravati
ai
sensi
dell’art.
7
del
decreto-‐legge
n.
152
del
1991
a
quelli
concernenti
i
delitti
di
mafia,
nonché
per
l’irrazionale
assoggettamento
a
un
medesimo
regime
cautelare
delle
diverse
ipotesi
concrete
riconducibili
ai
paradigmi
punitivi
considerati;
con
l’art.
13,
primo
comma,
Cost.,
quale
referente
fondamentale
del
regime
ordinario
delle
misure
privative
della
libertà
personale;
con
l’art.
27,
secondo
comma,
Cost.,
per
l’attribuzione
alla
coercizione
personale
di
tratti
funzionali
tipici
della
pena.
8.–
È
intervenuto
nel
giudizio
di
legittimità
costituzionale
il
Presidente
del
Consiglio
dei
ministri,
rappresentato
e
difeso
dall’Avvocatura
generale
dello
Stato,
chiedendo
che
la
questione
sia
dichiarata
non
fondata
sulla
base
delle
medesime
argomentazioni
già
proposte
in
riferimento
all’ordinanza
r.o.
n.
269
del
2012.
Considerato
in
diritto
1.–
Il
Tribunale
di
Lecce,
sezione
riesame,
con
due
ordinanze
depositate,
rispettivamente,
il
16
maggio
2012
(r.o.
n.
131
del
2012)
e
il
7
giugno
2012
(r.o.
n.
175
del
2012),
ha
sollevato,
in
riferimento
agli
articoli
3,
13
e
27,
secondo
comma,
della
Costituzione,
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’articolo
275,
comma
3,
del
codice
di
procedura
penale
nella
parte
in
cui,
prescrivendo
che
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
ai
delitti
commessi
avvalendosi
delle
condizioni
di
cui
all’art.
416-‐bis
del
codice
penale
è
applicata
la
misura
cautelare
della
custodia
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari,
non
fa
salva
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
191